Lawrence Ferlinghetti Cinquanta poesie ..pd
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Cinquanta poesie di Lawrence Ferlinghetti. Cinquanta immagini di Armando Milani
Autore: Laurence Ferlinghetti , Armando Milani
Titolo Cinquanta poesie di Lawrence Ferlinghetti. Cinquanta immagini di Armando Milani
Anno: 2010
Lingua: italiano, inglese
Genere: poesia
Dimensione del file: 5,63 mb
Formato del file: pdf
Un libro di poesia e design uniti dal filo rosso dell'impegno sociale: per la pace, l'ambiente, l'amore...
PIETA' PER LA NAZIONE
Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
E i cui pastori sono guide cattive
Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
I cui saggi sono messi a tacere
E i cui fanatici infestano le onde radio
Pietà per la nazione che non alza la propria voce
Tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i violenti come eroi
E che aspira a comandare il mondo
Con la forza e la tortura
Pietà per la nazione che non conosce
Nessun’altra lingua se non la propria
Nessun’altra cultura se non la propria
Pietà per la nazione il cui fiato è denaro
E che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena
Pietà per la nazione Oh pietà per gli uomini
Che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via
Patria mia, lacrime di te
Dolce terra di libertà!
Pietà per la nazione
(alla maniera di Khalil Gibran
'Little Boy, cresciuto da romantico contestatore, ha conservato la sua giovanile visione di una vita destinata a durare per sempre, immortale come lo è ogni giovane, convinto che la sua identità speciale non morrà mai'': si conclude così, con una dichiarazione di innocenza mai perduta, l'autobiografia che quel fanciullino di Lawrence Ferlinghetti, uno dei padri della Beat generation, scopritore di Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Corso e tanti altri, ha scritto e pubblica in America in occasione dei suoi 100 anni, che festeggia il 24 marzo, non a caso intitolata ''Little Boy'' (Piccolo Ragazzo) e che è come chiudesse un cerchio, collegandosi stilisticamente ai suoi inizi.
Certo, con il suo secolo addosso, pur non sentendolo, a concludere quell'affermazione scrive che tutto ciò lo crede ''a dispetto dell'irrefrenabile destino dell'umanità tutta di cui gli scienziati predicono una rapida fine con la Sesta Estinzione della vita su questa terra. Per questo ora il verso degli uccelli non è un grido di gioia, ma di disperazione''. Del resto il poeta ''è un funambolo, scala rime / fino all'altissimo filo fatto di sua mano / e in equilibrio sulla trave degli sguardi / al di sopra di una marea di facce / passo passo arriva / all'altro capo del giorno .... perché lui è il super-realista / che deve per forza percepire la verità tesa'' nel suo presunto avvicinamento a quella piattaforma più alta ''dove Bellezza sta e aspetta / con gravità / di spiccare il salto che sfida la morte'', come si leggeva in una delle poesie della sua raccolta più famosa ''A Coney Island of the mind'' del 1958, poeta che lì definisce ancora ''ometto chapliniano''. Non a caso la sua celebre libreria e casa editrice fondata nel 1953 a San Francisco si chiamava ''City Lights'' (Luci della città), come il film di Chaplin.
In un gruppo di artisti dalla vita dissoluta e spesso disperata, tra un po' di fumo e tanto alcol, lui era quello che si vestiva a modo, teneva i capelli corti: ''dovevo essere a posto e in me per mandare avanti tutto e aprire ogni mattina la libreria''. Così vede chiaro quando ascolta Allen Ginsberg recitare ''Howl'' (Urlo) e gli chiede il testo per stamparlo, cosa che gli costerà un arresto e processo per pubblicazione oscena nel 1956, da cui fu assolto difendendosi da solo davanti al giudice che gli riconobbe libertà di parole e di stampa.
Sono anni di giovinezza e libertà (Ferlinghetti si è sempre proclamato ammiratore dell'ideale anarchico) e in quella scia è sempre vissuto fedele ai suoi principi e alla letteratura, così sono quasi un ritorno alla scrittura di ''Her'', il suo debutto nella narrativa nel 1960, le pagine oggi di ''Little Boy'', lungo monologo interiore con pochissima punteggiatura, uno scorrere con momenti impetuosi di parole ora liriche ora razionali, tra sogni, riflessioni, ricordi, confessioni, citazioni da Dante a Flaubert e naturalmente il Joyce di ''Finnegans wake'' il cui eco si avverte spesso in questo diario visionario e realista.
Nato a New York il 24 marzo 1919 ebbe subito una vita non facile, col padre morto prima che la madre partorisse e venisse, poco dopo, rinchiusa in manicomio, da cui esce dopo sei anni, chiedendo di riaverlo, ma lui sceglie di restare nella famiglia che lo ha accolto. Poi vive alcuni ani a Manhattan facendo lavoretti e studiando sino a quando scoppia la seconda guerra mondiale e viene arruolato in marina, finendo un giorno per trovarsi tra le rovine di Nagasaki un mese e mezzo dopo lo scoppio della bomba atomica: ''l'inferno in terra che mi rese all'istante pacifista per tutta la vita''. Dopo andrà a Parigi, studierà alla Sorbona, prima di tornare in America e stabilirsi all'Ovest nell'allora piccola cittadina di San Francisco, dove apre una libreria per poter stare dietro la cassa a leggere e scrivere in pace e comincia a frequentare quelli che saranno definiti Beat, cambiando per sempre la propria vita. ''L'universo trattiene il suo respiro / C'è silenzio nell'aria / La vita pulsa ovunque / La cosa chiamata morte non esiste'' e lui continua a scrivere e lavorare, ormai quasi cieco, grazie all'aiuto e l'amicizia di Mario Zanetti. Poeta di successo, narratore, ma anche pittore, memoria di quegli anni che hanno segnato la cultura americana del dopoguerra, Ferlinghetti è stato un po' l'imprenditore di tanti amici, l'editore di un gruppo cui letterariamente in fondo non ha mai appartenuto artisticamente, visto che la sua scrittura ha altre origini e va in altra direzione, partendo da Samuel Beckett e ''Jimmy Joyce maestro di risate dietro il farfugliare sublime di Finnegans''.
Lo testimoniano ancora le quasi duecento pagine di ''Little Boy'', in cui si parla anche dell'Italia, dei suoi soggiorni romani, del caffè Greco, paese che ama, l'unico dove abbia dato il permesso di aprire negli anni '90 una succursale della sua City Lights a Firenze, dove ha esposto i suoi quadri a Roma e, nel 2011, ha partecipato alle celebrazioni del 150 anniversario dell'Unità, durante le quali gli è stata dedicata una grande mostra omaggio a Torino.
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